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La nostra è un’epoca di cambiamento rapido e globale del modo di vivere e di pensare. L’impatto negativo delle attività umane sia sull’ambiente che sulla salute umana apre le porte ad una nuova era di sostenibilità, in cui il maggior rispetto per la natura e per l’essere umano coniughi tradizione e progresso.
Il progetto Giardini di Babilonia – come riportato nella “Mission” nasce dall’esigenza di diffondere e promuovere la cultura, l’informazione, le soluzioni e i progetti più innovativi di urbanistica, green building, eco-sostenibilità ambientale, efficientamento energetico e riciclo.
Il nome del progetto “I Giardini di Babilonia” prende spunto e rimanda ai giardini pensili di Babilonia considerati una delle sette meraviglie del mondo antico. I giardini erano situati in Mesopotamia, vicino alla odierna Baghdad (Iraq), nell’antica città di Babilonia (il nome deriva dal sumero “KA.DINGIR.RA” la cui traduzione in accadico è Bab-Ilani, che significa «la Porta degli Dei». Anticamente la città era anche conosciuta con il nome di Tintir “Bosco di vita”). Essi furono realizzati intorno al 590 a.C. dal re Nabucodonosor II, anche se la tradizione attribuisce la loro costruzione alla regina assira Semiramide.
La leggenda tramanda che la regina – raffigurata nel celebre quadro di Degas, Semiramide alla costruzione di Babilonia (fig.1) e le cui gesta sono state descritte in numerose opere liriche, fra le quali la Semiramide di Gioacchino Rossini su libretto di Gaetano Rossi (da Semiramis di Voltaire) – trovasse nei giardini rose fresche ogni giorno, pur nel clima arido che caratterizzava la città. Si fa presente che Rossini aveva ambientato nell’antica Babilonia un’altra delle sue opere, Ciro in Babilonia, o sia La caduta di Baldassare. Alla figura di Nabucodonosor II si ispirò invece Temistocle Solera, per scrivere il libretto dell’opera Nabucco musicata da Giuseppe Verdi.
Fig. 1. Edgar Degas, Semiramide alla costruzione di Babilonia
Anche se alcuni storici non sono certi dell’esistenza dei giardini della città di Babilonia in quanto le fonti antiche, pur concordando nella descrizione dei giardini, non ne forniscono alcuna localizzazione precisa all’interno della città, il mito dei rigogliosi giardini in una zona desertica rappresenta ancora oggi un esempio di sostenibilità e di rispetto per la natura e per l’essere umano.
Questo “paradiso in terra” (nella cultura tradizionale della Mesopotamia il significato della parola giardino rimanda a quello di paradiso) era dovuto fondamentalmente all’innovativo impianto di irrigazione. Tale impianto fu per la prima volta oggetto di studio da parte di D.W.W. Stevenson che, basandosi esclusivamente sulla descrizione degli autori classici, ipotizzò che il sistema adottato fosse quello detto “noria”, metodo di cui si trovano tracce in Oriente già a partire dal XIV secolo a.C. Nel caso dei giardini di Babilonia, esso doveva essere applicato in questo modo: alla base della scalinata dei giardini, due grandi bacini ricevevano acqua dall’Eufrate a mezzo di condutture sotterranee. Ai bacini erano connesse delle ruote che recavano, all’interno del bordo, secchi di legno o vasi d’argilla. Quando le ruote venivano azionate dalla forza umana, questi ultimi si riempivano per poi lasciar ricadere l’acqua in un collettore sito al piano superiore, dove avveniva lo stesso procedimento, fino a raggiungere il livello più alto. Qui si trovava una cisterna da cui l’acqua poteva facilmente essere ridistribuita, attraverso condotti a caduta, a tutta la superficie dei giardini, sia a scopi irrigui che con funzione ornamentale.
Proprio in riferimento al “paradiso”, si fa presente che il “Paradiso Terrestre” è tradizionalmente situato proprio nell’area dell’antica Mesopotamia, la terra tra due fiumi, il Tigri e l’Eufrate. Infatti:
«Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male. Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi… Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate. Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Genesi 2,9-15).
Adamo ed Eva sarebbero dunque stati pensati come abitanti di questa terra.
Ma anche altri miti di fondazione riconducono a Babilonia, evidenziando l’importanza culturale del luogo: “Poiché nell’universo regnava il Caos, la dea Tiāmat e il dio Marduk si scontrarono. Marduk voleva mettere ordine nell’universo e combatté fino a quando non uccise Tiāmat. Poi Marduk prese il corpo della sua nemica Tiāmat e lo divise in due parti: con metà formò il firmamento celeste, con l’altra metà formò le fondamenta della terra. Poi Marduk assegnò a tutti gli altri dei i loro posti e creò il Sole, la Luna, le stelle. Ma gli dei gridarono: – Signore Marduk tu hai affidato un compito a ciascuno di noi ma non hai dato a nessuno l’incarico di servirci e di sostenerci mentre noi lo eseguiremo. Rispose Marduk: – Prenderò sangue di Kingu e fango e ne formerò un piccolo fantoccio. Il suo nome sarà Uomo. Uomo servirà gli dei.
Allora gli dei soddisfatti gridarono: – Signore Marduk, noi vorremmo mostrarti la nostra gratitudine costruendoti un santuario sulla terra. Per due anni interi lavorarono ed al terzo anno la città di Babilonia fu innalzata e, sopra a tutti, si ergeva il santuario di Marduk”.
A questa “versione paradisiaca”, collegata alla tradizione e alla documentazione che si riferisce ai giardini di Babilonia, fa riscontro, in netto contrasto, quanto riportato sulla città di Babilonia.
Babilonia dopo Gerusalemme è la città più citata nella Bibbia, in particolar modo nell’Antico Testamento, in cui la si vede contrapposta al popolo di Dio, Israele. Nella mistica di derivazione biblica, Babilonia è una metafora utilizzata per definire una società, uno stato o un’istituzione che assomma in sé ciò che è considerato negativo nella natura umana.
Secondo la Bibbia (Genesi 10, 8-12) Nimrod, discendente di Cus, uno dei tre figli di Noè, fu il fondatore di Babilonia. Egli sin dall’inizio fu un oppositore di Dio. Secondo il racconto biblico, l’ampliamento della città si interruppe per l’impossibilità degli addetti ai lavori di comunicare. È quanto riportato in Genesi 11, 9 riguardo alla costruzione della Torre di Babele (Babele da “Bab-El”, “Porta di Dio”) (fig.2). Vi si legge che tutti avevano una sola lingua e che, migrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Cominciarono a costruire mattoni e poi decisero di edificare una città e una torre, la cui cima toccasse il cielo.
Fig. 2. Pieter Bruegel il Vecchio, Grande Torre di Babele
Ma Dio intervenne e la Bibbia riporta le sue stesse parole:
“Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra».
L’episodio è narrato in Genesi 11, 1-9 e ha, tra gli altri, un parallelo nel poema sumerico più antico, Enmerkar e il signore di Aratta.
Nella Bassa Mesopotamia a sud-est di Babilonia vi è la città di «Ur dei Caldei», citata tre volte nella Genesi (11,28; 11,31 e in 15,7) ritenuta la città di origine del patriarca Abramo e di suo padre Terach. Qualcuno discute la questione, ma fa ancora effetto leggere nel libro di Neemia: «Tu sei il Signore, il Dio che hai scelto Abram, lo hai fatto uscire da Ur dei Caldei e lo hai chiamato Abramo» (9,7).
Seguirono altre generazioni che costruirono una grande città e fu Hammurabi che dette un contributo importante ampliandola fino a farla divenire capitale dell’Impero babilonese. A Babilonia fu anche redatto anche uno dei più antichi codici legislativi, il Codice di Hammurabi.
Dopo glorie e declini del primo impero, fu Nabopolassar a rifondare un nuovo impero verso il 645 a.C. e fu il figlio Nabucodonosor II a portare al massimo splendore la città-impero (Daniele 4, 30).
Il re di Babilonia Nabucodonosor condusse il suo popolo alla conquista di Gerusalemme nel 586 a.C., distrusse il Tempio di Salomone e deportò molti ebrei nella sua capitale: «L’anno terzo del regno di Ioiakìm re di Giuda, Nabucodonosor re di Babilonia marciò su Gerusalemme e la cinse d’assedio» (libro di Daniele 1,1). La storia è raccontata nel celebre Nabucco di Giuseppe Verdi.
L’impero babilonese fu grande fino ad ottobre del 539 a.C. quando Ciro il Grande distrusse la città. Secondo il racconto biblico, la città, apparentemente indistruttibile ed imprendibile, fu conquistata e distrutta in una sola notte avverando la profezia di Geremia, di decenni prima, sulla sua distruzione (Geremia 51, 30-32 ). Anche il profeta Isaia (Is 13, 19;14, 22-23) predisse la distruzione della città circa due secoli prima del suo effettivo verificarsi nel 539 a.C. Verso il IV a.C. sembra che Babilonia abbia cessato di esistere (Geremia 51, 37).
Nel Nuovo Testamento e precisamente nel libro di Apocalisse o Rivelazione, la città viene utilizzata come metafora del male, destinata all’annientamento eterno, in contrapposizione alla Gerusalemme celeste (Apocalisse 18, 21), (Apocalisse 21, 10).
La visione negativa di Babilonia è tramandata anche secondo i testimoni di Geova Babilonia la Grande è l’impero mondiale della falsa religione: cioè un sistema religioso che ha esteso la sua signoria su molti popoli e nazioni ed esercita una grande azione politica sostenendo l’idolatria, l’immoralità, le guerre e un sistema economico avido e oppressivo. È, per questo, considerata uno degli elementi principali dell’anticristo e l’esegesi di alcuni passi dell’Apocalisse porta i Testimoni di Geova a credere che Babilonia la Grande sarà distrutta dalle nazioni mondiali nella battaglia finale.
Anche il Rastafarianesimo, una fede religiosa di origine ebraico-cristiana, nata in Etiopia, identifica con il termine negativo “Babilonia” il mondo occidentale bianco. Il sistema economico, la cultura e il linguaggio imposti da questa società oppressiva vengono messi in contrapposizione con Zion, la terra promessa (identificata con l’Etiopia) che un giorno accoglierà il popolo del dio Jah.
In conclusione, facendo riferimento ai contrastanti significati che promanano dai termini che contraddistinguono il network “Giardini di Babilonia”, è interessante sottolineare come il progetto, in cui gli esperti dell’eco-sostenibilità esprimono le loro idee, si aggiornano e si confrontano, tragga spunto da una delle sette meraviglie del mondo antico che rappresenta ancora oggi un esempio di sostenibilità e di rispetto per la natura e per l’essere umano, rappresentando il giardino come una sorta di paradiso terrestre.
L’intitolazione del progetto, d’altra parte, rimanda ad una visione negativa racchiusa nel termine Babilonia che, come si è fatto presente, è sinonimo di confusione, idolatria, immoralità, guerre e di sistema economico avido e oppressivo: questa contrapposizione caratteristica della nostra epoca esige, a ragione, un cambiamento rapido e globale del modo di vivere e di pensare.
Salvatore Lorusso, Andrea Natali
Dipartimento di Beni Culturali
Alma Mater Studiorum Università di Bologna (sede di Ravenna)